Dopo quasi un anno dal primo corso (Understanding Financial Markets), ho proseguito con le successive lezioni offerte dall’università di Ginevra in partnership con UBS: “Meeting Investors’ Goals”. Il corso è disponibile su Coursera a questo link ed è parte della specializzazione in Investment Management.
Dopo un’introduzione ai principali bias ed irrazionalità a cui un investitore è spesso esposto e una breve trattazione sul grado di efficienza del mercato, il corso introduce le metodologie di costruzione di un portafoglio di investimento (approccio top-down e bottom-up) e i differenti stili di investimento. Metodi pratici e di pronta applicazione, ottimi da aggiungere alla cassetta degli attrezzi di ogni investitore.
Ecco cosa troverai in questo articolo:
Il corso in breve e la mia opinione
Anche il secondo corso conferma il risultato del precedente con una valutazione di 4.8/5 stelle e 1.767 recensioni, in fisiologico calo rispetto al primo con riguardo al numero di recensioni (Understanding Financial Market, primo corso della specializzazione ha superato le 5.400 recensioni.
Il corso è composto da due anime: da un lato la comprensione degli aspetti emotivi e psicologici di un individuo che si avvicina al mondo degli investimenti. Sono introdotti tre bias con riferimento alla scelta degli investimento da considerare (home bias, recency bias e bias della disponibilità), un ulteriore trittico nella costruzione della strategia di investimento ottimale (bias dell’ancoraggio, bias della conferma e l’overconfidence), due effetti nelle decisioni di acquisto e/o vendita (effetto dello status quo e “test della tazza”) e concludendo con la valutazione delle performance (bias del senno di poi e blind spot bias).
I bias, intesi come scorciatoie mentali di per sé non sono un male.
Sono stati sviluppati per prendere velocemente decisioni in condizioni di incertezza. Se da un lato ci può essere incertezza nelle scelte di investimento, dall’altro non c’è fretta. Riconoscere i bias e capire come questi agiscono è quindi essenziale per prendere decisioni di investimento guidate da due fattori, legati strettamente tra loro: rischio e rendimento.
La seconda anima invece è rappresentata dalle metodologie di costruzione di un portafoglio di investimento: logica top-down e approccio bottom-up. Sono poi introdotti gli stili di investimento che prevedono una contrapposizione tra investimenti value contro growth, approccio qualitativo rispetto al quantitativo, momentum contro contrarian, core contro satellite e strategia di portable alpha e investimenti tematici.
Permettono di capire meglio come portafogli, anche istituzionali, sono costruiti e le logiche sottese all’inserimento di determinati strumenti all’interno di essi. Come ormai va di moda sostenere, un fondo a gestione passiva non è in assoluto la migliore scelta per l’investitore: va sempre delineata la strategia complessiva. Un hedge fund potrebbe permettere di ottenere rendimenti decorrelati, quindi incrementare il rendimento riducendo la volatilità del portafoglio.
Tra queste due anime, la prima legata alle emozioni e la seconda più strategica, è inserito un modulo più nozionistico dove si dibatte circa l’efficienza del mercato e si sottolinea, cosa mai da dimenticare, che molti sistemi di trading siano fallimentari in partenza.
Il loro rendimento è spesso dovuto alla casualità e non alla capacità gestoria del manager; quindi, sempre massima attenzione quando si ricerca quello è chiamato “alpha”.
Riassunti e Appunti del corso “Meeting Investors’ Goals”
Modulo 1: Comprare, vendere, non vendere un investimento
Il corso è introdotto con un esempio interattivo che ha il fine di andare a spiegare come i bias e le proprie emozioni influenzino le decisioni di investimento.
Si prende come riferimento l’azione Nokia. Si ipotizza l’acquisto di 1.000 azioni ad euro 30, la successiva crescita ad euro 60 e la discesa ad euro 20. Il prezzo di acquisto iniziale e la successiva crescita influiscono sulla decisione di mantenere o vendere l’investimento?
La decisione di mantenere o meno l’investimento in portafoglio deve essere fatta facendo poco affidamento sui ritorni passati. Le nostre emozioni hanno un grosso impatto sulle decisioni che andiamo a prendere: siamo tentati a comprare quando la società ha un elevato valore percepito (è leader di settore, è molto popolare) e/o i ritorni in passato sono stati ottimi.
Attendere per pareggiare (avversione alla perdita) potrebbe esporci al rischio di perdere la successiva crescita.
Si consiglia quindi di focalizzarci su una non banale domanda: “se dovessi fare ora l’acquisto, comprerei o meno l’azione al prezzo di mercato attuale?” I risultati passati possono essere utilizzati come fonte per un focus sui valori fondamentali della società e del settore. Si menziona il multiplo P/E, o meglio la media del P/E storico. Questa è da intendere come gli anni che si dovranno attendere per recuperare il proprio investimento (payback period). L’analisi può essere anche relativa, rispetto al settore o ai competitor.
Si conclude l’introduzione introducendo i fattori che influenzano il profilo di rischio del cliente:
- Situazione finanziaria: reddito, impegni finanziari (es. debiti, fideiussioni, …), patrimonio complessivo
- Obiettivi da raggiungere e importanza relativa data dal cliente
- Tolleranza al rischio
- Orizzonte temporale
Concetti chiave
- Dimenticare il prezzo di acquisto degli investimenti
- Focalizzarsi sui fondamentali: la società è in profitto o in perdita? Come si posiziona rispetto ai suoi pari (settore)?
Modulo 2: L’impatto di bias ed emozioni nelle scelte di investimento
Bias cognitivi
Il mito della completa razionalità nelle nostre scelte di vita è lontano dall’essere vero. Agiamo in condizioni di incertezza, il nostro cervello a tal fine utilizza delle scorciatoie chiamati bias che impattano le nostre decisioni. I bias non sono un male di per sé: ci permettono di arrivare velocemente ad una soluzione.
Il cervello cerca di completare le informazioni formulando delle ipotesi: queste però non sono sempre corrette. È bene quindi essere consci dell’esistenza di questi errori imparando a conoscerli.
Il corso introduce una serie di distorsioni nella scelta e nella gestione degli investimenti:
Definizione dell’universo investibile: quali asset prendere a riferimento
- Home bias: si sovrainveste negli strumenti che ci risultano più familiari (es. aziende del territorio) ritenendo di avere maggiori informazioni.
- Recency bias: si ignorano le informazioni più vecchie dando maggior importanza a quelle recenti.
- Bias della disponibilità: combinazione dell’home bias e del recency bias.
Consiglio pratico: considerare il paniere di investimento più esteso possibile, ottenendo dati che normalmente non avresti considerato.
Corollario: non limitarti ad una ricerca superficiale.
Costruzione della strategia di investimento ottimale
- Bias dell’ancoraggio: siamo influenzati da determinati valori non collegati alla decisione di investimento (es. disinvesto quando il prezzo supera 100, 1.000, 10.000).
- Bias della conferma: tendiamo a guardare ad informazioni che conformano i nostri convincimenti (le nostre previsioni) e ignoriamo quelle che li contraddicono. Corollario: tendiamo a sovra-esporci al rischio.
- Overconfidence: sovrastima delle proprie capacità in un dato momento (assoluto) o rispetto a quelle degli altri (relativa). Può comportare un aumento dei volumi di transazione, quindi un maggior impatto commissionale e minori rendimenti.
Decisioni di acquisto e/o vendita
- Effetto dello status quo: collegata alla “fear of missing out”. Rinunciare ad un’opportunità di investimento è diversamente percepito rispetto a vendere quell’investimento prima di risultati estremamente positivi. Porta a vendere i propri “cavalli vincenti” troppo presto e non vendere posizioni in perdita da molto tempo.
- “Test della tazza”: viene introdotto come esperimento la vendita di una tazza. Lo studio ha confermato come si sia offerto un prezzo di acquisto pari alla metà rispetto a quello di vendita. Valutiamo diversamente gli attivi in nostro possesso rispetto a quelli che abbiamo intenzione di comprare. Il valore percepito è diverso. Prendete come riferimento la vostra casa: tenderete ad assegnarle un prezzo maggiore rispetto a quello di mercato.
Valutazione delle performance
- Bias del senno di poi: giudicando l’investimento con il senno di poi, era ovvio che sarebbe andato così. Non sono ammessi scenari diversi. Razionalmente sono necessari molteplici tentativi per confermare una strategia.
- Blind spot bias: è più facile individuare i bias a cui terzi sono esposti rispetto a quelli a cui tu sei esposto.
L’impatto delle emozioni sulle decisioni finanziarie
La predisposizione al rischio varia tra le diverse generazioni (a parità di età) ed è influenzata dal contesto culturale ed esperienziale in cui si è immersi.
Ci si chiede quali siano le ragioni che ci portano ad investire: l’incremento del patrimonio, le emozioni legate alla scommessa nell’ottenimento di un positivo ed elevato rendimento, lo status attribuito ad un investitore. Gli ultimi due aspetti sono emotivi ed esulano da una valutazione razionale di un investimento che è guidato sempre da due fattori: rischio e rendimento.
Si conclude infine con dei consigli per minimizzare il ruolo delle emozioni negli investimenti:
- non agire impulsivamente sulla base di nuove informazioni
- imparare a conoscere le emozioni (ansia, paura, avidità, …)
- non guardare giornalmente il valore del portafoglio di investimento.
È importante ricordare come le emozioni non debbano essere completamente soppresse. È necessario essere conosci della loro esistenza. Nell’investimento l’individuo è interessato anche al processo che porta al risultato e non solo al rendimento generato.
Corollario (personale): se non dormi la notte perché le tue azioni hanno registrato un -40%, forse è meglio allontanarsi da questa asset class.
I media come fonte di informazione
Si procede con una breve analisi riguardo al ruolo dei media come fonte di informazione finanziaria.
Sono introdotti due studi.
Il primo di Tetlock (2007) evidenzia come l’utilizzo di parole negative nei media abbia un effetto immediatamente negativo sui corsi azionari, con un ritorno alla media nei giorni immediatamente successivi. Sentimenti estremamente positivi o negativi influenzano i volumi di negoziazione.
Il secondo studio evidenzia un impatto negativo sui corsi azionari nei primi 3 giorni e un ritorno alla media nei 4 successivi con un effetto maggiore sulle azioni con minore capitalizzazione (studio su giornali americani nel periodo 1998-2012). Non solo le parole ma anche il tono utilizzato ha un impatto sulla volatilità.
Modulo 3: Bolle di mercato, crisi finanziarie ed efficienza
Efficienza di mercato
Secondo un approccio accademico sono definite le tre forme di efficienza:
- efficienza in forma debole: i prezzi riflettono le informazioni passate.
- efficienza in forma semi-forte: i prezzi riflettono anche le informazioni pubbliche
- efficienza in forma forte: i prezzi riflettono anche le informazioni degli “insiders” (es. CEO)
L’efficienza in forma debole può essere analizzata utilizzando lo “unit root test” e il “variance ratio test”. È ancora altamente dibattuto quanto il mercato sia efficiente.
Anche in ipotesi di efficienza in forma debole, i pattern nelle traiettorie di prezzo non consentono di determinare strategie speculative (di trading) profittevoli. I pattern non indicano prevedibilità.
Una minima possibilità di predizione, dovuta alle microstrutture dei dati, esiste e risulta dal fatto che i contratti conclusi a mercato hanno un quantitativo minimo (“tick“). Nonostante questo, i costi di transazione non permettono di ottenere benefici da questa “anomalia”.
In ipotesi di efficienza semi-forte, i prezzi di informazioni pubbliche sono incorporati (immediatamente o gradualmente). Maggiore l’efficienza di mercato, più il prezzo si adatta velocemente alla nuova informazione. L’efficienza del mercato può essere aumentata tramite una maggiore competizione dei trader.
È difficile testare l’efficienza in forma forte dato che le informazioni private sono per l’appunto private. Dato che le informazioni private sono detenute da pochi individui, l’aggiustamento dei prezzi non può essere sfruttato da tutti. Il regolatore, quindi, interviene con policy contro l’insider trading.
Bolle di mercato e crisi finanziarie
Recenti studi provano come la maggior parte della crescita del mercato azionario americano è da attribuire ai dividendi e al loro reinvestimento.
Le crisi finanziarie sono dovute a:
- Uno shock che influenza i dividendi/flussi futuri attesi (shock reale) sia in termini di ammontare che di probabilità di realizzazione (un aumento del rischio comporta un incremento del rendimento richiesto).
È portato quale esempio lo scandalo Volkswagen del 2015. Viene infine effettuata un’analisi riguardo agli shock petroliferi e la loro correlazione con l’andamento del mercato (sul lungo termine generalmente negativa ma con eccezioni come nel periodo 2015-2016).
- Attese sovra ottimistiche riguardo ai dividendi attesi (bolla di mercato)
Sono portati come esempi la caduta del mercato azionario del 1987 e la “bolla dotcom” del 2000. È introdotto il “modello FED” per la rilevazione delle bolle speculative: prevede una comparazione tra il P/E di mercato e il tasso di rendimento dei titoli di stato a 10 anni. Ne sono presentate le critiche (payout ratio al 100%, mancanza di un risk premium per l’azionario, inflazione).
Si sottolinea come sia difficile individuare una bolla. L’utilizzo di strumenti di copertura è quindi consigliato rispetto all’uscita dal mercato, al fine di evitare di perdere “rally azionari”.
- Elevato indebitamento (bolla di mercato)
È presentata una differenza tra le bolle dovute a valutazioni eccessive e quelle da indebitamento. Viene a tal proposito citata la crisi del 2007/2008 menzionando il fallimento del modello FED. Come correttivo si fa riferimento alla “regola di Taylor” (1993) che definisce il tasso di interesse target che l’autorità monetaria dovrebbe mantenere.
Le banche centrali e la stabilità finanziaria
Viene fatto breve cenno agli obiettivi delle banche centrali: sono differenti ma convergono verso la stabilità dei prezzi, il focus sulla valuta, ma non tutte includono la stabilità finanziaria nel loro mandato.
Questi obiettivi possono essere in conflitto tra loro.
Si fa menzione del Brasile nel 2016: l’inflazione era crescente ma il paese era in decrescita economica. L’aumento dei tassi combatte l’inflazione ma non promuove la crescita. Si cita inoltre il Giappone (bolla scoppiata nel 1990), gli Stati Uniti (bolla scoppiata nel 2007) e la Svizzera introducendo lo scenario di interessi bassi che hanno comportato una crescita del valore degli asset.
Modulo 4: Costruzione del portafoglio e strategie di investimento
Si introducono due metodologie nella costruzione di un portafoglio: l’approccio top-down e quello bottom-up.
L’approccio top-down prevede un’iniziale analisi dei fattori globali (previsioni macroeconomiche e politiche), procede poi ad analizzare i paesi (economia, politiche monetarie e fiscali, stato della popolazione e sviluppo), si addentra nei settori (trend di crescita, valutazione e sensibilità ai cicli economici) e conclude con al selezione delle azioni.
L’approccio bottom-up invece si focalizza sulla valutazione di singole società. Si inizia a selezionare azioni sulla base di metriche (P/E, ROE, P/B, …), si procede con un’analisi macroeconomica/fondamentale (primary research – visita alle società vs secondary research – analisi dalla scrivania), si stimano cosi i rendimenti delle singole aziende. Si conclude quindi con un paniere di azioni su cui investire, definendo un prezzo target a cui acquistare/vendere o mantenere l’investimento.
I due approcci possono essere combinati. Quando il mercato subisce una rotazione settoriale, l’approccio bottom-up è da preferire. Quando c’è bassa dispersione dei ritorni di investimenti all’interno di un settore/paese ma c’è un’elevata dispersione tra settori e paesi, l’approccio top-down è da preferire.
Con un approccio bottom-up è più difficile gestire il rischio del portafoglio, in particolare in ipotesi di vincoli all’investimento. Questo può essere gestito con l’utilizzo di derivati o lo short-selling.
Determinanti delle performance di un portafoglio di investimento
Le performance del portafoglio secondo Brinson, Hodd, Beebwoer (1995) nel lungo termine sono dettate dall’asset allocation (93.6%) e in misura minore dal market timing e dalla selezione delle azioni (gestione attiva).
Il 93.6% si riferisce alla varianza dei ritorni e non alla media dei ritorni (R. Ibbotson, 2010). BHB nel loro paper volevano quindi intendere come l’asset allocation determini il rischio (varianza) del portafoglio e non la performance come spesso viene confusa.
Ibbotson nel suo paper sostiene come l’importanza relativa dell’asset allocation sia più vicina al 50% (50% asset allocation – 50% selezione degli asset).
Differenti stili di investimento
- Value (economiche) contro growth (costose)
Le società value sono quelle azioni economiche, in termini di prezzo rispetto agli utili, flussi di cassa, dividendi, valore di libro (book value). Le società growth sono quelle più costose.
Fama e French (1998): studiano le performance delle società value e growth in 13 paesi nel periodo 1975-1995 individuando le società value come quelle che hanno un elevato B/P (book to price), E/P (utili su prezzo), C/P (flussi di cassa su prezzo), D/P (dividendi su prezzo). Quelle growth invece hanno un valore basso.
Il fatto che la società sia growth o value non è influenzato direttamente dal settore di appartenenza. Si porta il caso delle “defensive growth stock” come l’Oreal: opera in un settore non ciclico ma ha multipli elevati. Tipicamente però le società tecnologiche sono growth (distribuiscono pochi dividendi, reinvestono tutto l’utile).
I risultati di Fama e French individuano una sovraperformance in 12 dei 13 paesi e pari al 7.6% annuo. Anche comparando le società growth e stock nel solo mercato statunitense, si individua nel periodo 1975-2015 una sovraperformance del value su growth. Nell’arco temporale 2000-2002 le azioni growth a seguito della bolla dot-com hanno sofferto maggiormente. È avvenuto lo stesso anche nel periodo 2007-2009.
Attenzione ai bias: di solito gli investitori associano l’economicità di alcune società al fatto che navighino in cattive acque, sottovalutandole. Di converso le società growth, essendo più costose, sono giudicate più positivamente.
- Approccio qualitativo rispetto al quantitativo
L’analisi del paniere di investimento può essere effettuata utilizzando un modello (approccio quantitativo) che mette a confronto le differenti serie storiche.
In alternativa è possibile procedere con un approccio più qualitativo, che analizza le diverse opinioni degli investitori. L’approccio quantitativo è basato su dati storici, quindi, è sempre “un po’ in ritardo”: segue indirettamente una strategia momentum.
- Momentum contro contrarian
Lo stile di investimento contrarian prevede di investire in società che le persone non apprezzano, solitamente con prezzi che calano e valutazioni molto basse. Si pongono in una posizione inversa rispetto al mercato. Quando gli altri comprano loro vendono e viceversa. L’assunto è che le società siano sottovalutate e/o siano pronte a crescere (“buy the dip”).
Con una strategia momentum si compra chi sta vincendo, si segue il trend. Si cercano società che hanno ottenuto recentemente ottimi risultati con solidi guadagni, o che stanno risalendo dopo una forte caduta (“inversione del trend”).
Si introduce il “rate of change” come indicatore di momentum: corrisponde all’incremento/decremento relativo del prezzo. Cattura l’intensità della crescita o decrescita. La strategia prevede di comprare quando il rate of change è elevato (trend forte/debole). La media mobile può funzionare come indicatore di momentum: quando quella di breve termine supera quella di lungo termine si ha un indicatore di investimento (cresce più velocemente della media, quindi acquisto).
I contrarian stabilizzano gli effetti del mercato controbilanciando gli eccessi e i ribassi del mercato. I momentum tendono invece ad esasperare e ad aumentare la volatilità.
È infine presentato il “market sentiment”, inteso come rapporto tra chi è ottimista (prevede una crescita) e chi è pessimista (prevede un calo del mercato) come indicatore contrarian.
- Core vs satellite e portable alpha
Questo stile di investimento prevede la coesistenza di un portafoglio core, composto da fondi a gestione passiva (azionario globale, obbligazioni globali investment grade, …), e portafogli satellite, composti da fondi a gestione attiva con opportunità di sovra-performance (private equity, hedge fund, private real estate, mercati emergenti, obbligazioni ad alto rendimento, …).
Il core è rappresentato da fondi a gestione passiva per ridurre il costo commissionare di portafoglio ed incrementare la diversificazione. I portafogli satellite sono generalmente poco correlati con gli indici.
La strategia portable alpha è un’estensione dell’approccio core-satellite. Si utilizzano strumenti derivati per proteggere il core contro il rischio di mercato (es. con future). Si ottiene così un portafoglio con beta uguale a zero e, auspicabilmente, con dell’alpha (sovraperformance) derivante dai satellite.
- Investimenti tematici
Gli investimenti tematici riguardano un gruppo di azioni collegate da un driver (non necessariamente un territorio o paese) come acqua, invecchiamento della popolazione, investimento sostenibile … Possono essere di lungo termine (invecchiamento della popolazione) o di breve termine (crescita dei dividendi europei nei prossimi mesi).
Si prefiggono l’obiettivo di “catturare alpha” e personalizzare il portafoglio sulla base delle preferenze di investimento dei clienti.